Intergenerazionalità: sfida e opportunità

Che il rapporto tra generazioni sia una delle sfide del nostro tempo è dimostrato anche dal fatto che in Svizzera – come in tanti altri Paesi - le generazioni dei neonati continuano a essere meno numerose di quelle dei loro genitori. Ci sono sempre meno giovani e sempre più anziani.  Si prevede che nel 2050 ci saranno circa due persone in età lavorativa per ogni persona in età pensionabile. Nel corso del 20° secolo, la forma iniziale della piramide dell’età si è modificata, prima in quella di una «campana» (1950) e poi in quella di un “abete”. Oggi la Svizzera è caratterizzata da una struttura per età in cui spicca la generazione del “baby boom”, a cui si contrappone una generazione di giovani più esigua e un numero crescente di persone anziane.[1]

Ma altre sfide stanno emergendo. Pierpaolo Triani si è chiesto: “Come fare in modo che i bisogni e i diritti delle persone di ogni generazione siano rispettati? Su quali aspetti è possibile intervenire affinché le generazioni più adulte, per la prima volta più numerose, non ‘schiaccino’ quelle giovani?”[2] L’autore continua dicendo che la dinamica intergenerazionale comporta sempre una sorta di patto più o meno implicito, che regola i rapporti e gli scambi tra le generazioni. “Si tratta di riconoscere che il legame tra le generazioni continua a restare generativo quando non ha soltanto la forma della trasmissione di beni materiali, ma quando è animato dalla logica della promessa. Promettere è affermare, con scelte concrete, che vale la pena impegnarsi.”[3]

Le Nazioni Unite, nella “Scheda sulle questioni intergenerazionali” (Intergenerational Issues Factsheet) dicono tra l’altro: “I governi, il settore privato e la società civile dovrebbero promuovere opportunità di interazione costruttiva tra i giovani e le generazioni più anziane, creando programmi comunitari e promuovendo la comunicazione intergenerazionale sul lavoro.”[4]

Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha invocato una nuova intesa tra le generazioni. “Come vorrei una Chiesa che sfida la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani!”[5] E spesso cita i versetti del profeta Gioele: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gl 3,1; cfr At 2,17).[6]

La Mariapoli Foco a Montet è un laboratorio di vita intergenerazionale: l’età degli abitanti va dai 18 agli 80 anni. Vanna Aldrighetti, italiana, vive nella Mariapoli da tre anni e lavora ogni giorno insieme a collaboratori giovani: “La Cittadella è un luogo di intergenerazionalità che crea reciprocità, in cui vivono giovani e meno giovani di diverse parti del mondo. Ognuno si cimenta a vivere il Vangelo e il comandamento nuovo: “amatevi a vicenda” (cfr Gv 15,12). In un alternarsi annuale, ogni giovane dona una storia diversa e la cittadella, pur in mezzo a tante sfide, diventa specchio di mille storie vissute. La partecipazione concreta nello studio, nel lavoro, nella preghiera, nell’accogliere le persone ecc. è il motore della vita nella Mariapoli. L’Unità[7], parola divina e cuore del Carisma di Chiara Lubich, se vissuta, compone e ricompone ogni tipo di diversità. Viene infatti riconosciuta come un grande dono, una ricchezza, per cementare nei giovani uomini nuovi, capaci di dare la vita per ogni persona, di sognare cose grandi come un mondo invaso dall’Amore.“

Interviene Leandro Ramirez, studente dell’Argentina, aggiungendo: Una delle ricchezze più grandi della Mariapoli Foco è il suo essere “banco di esperienze”: qui conviviamo con persone di cultura, credo e storie diverse e l’intergenerazionalità fa dunque parte del nostro patrimonio. E’ molto arricchente quando nasce l’opportunità di condividere i nostri vissuti durante le lezioni, durante il lavoro o con un invito a cena: le generazioni più anziane trasmettono le radici, le esperienze e la sapienza, mentre le generazioni più giovani sono l’attualizzazione, la novità e l’energia necessaria per portare avanti le iniziative.
Ci sono però anche delle sfide: la mancanza di dialogo o d’ascolto (da entrambe le parti), il timore di affidarsi a nuovi modi di fare o di non riuscire a mantenere i cambiamenti a lungo. I cittadini più giovani frequentano una scuola annuale mentre i più grandi garantiscono la continuità.
L’esperienza che facciamo è quella di cercare insieme il giusto equilibrio tra tradizione e novità nel fare concretamente le cose, senza perdere lo spirito e la memoria che ci indicano in quale direzione andare. Vogliamo costruire un mondo unito e ci riusciremo solo lavorando insieme, anche tra diverse generazioni.”

Carlo Reggi dell’Italia, ‘esperto della vita’ delinea qual è, secondo lui, il contributo più importante delle persone anziane, oltre al lavoro che spesso portano avanti con fedeltà e creatività.Mi vengono in mente queste parole che Gesù diceva a chi gli chiedeva quale è il comandamento più grande: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso.» (Mt 22,36 – 40). Diventando anziani le forze fisiche diminuiscono e penso che il contributo migliore sia la ricerca costante di un rapporto con Dio sempre più approfondito. Traspare quindi questa relazione di amore con Dio nelle poche e piccole cose che ancora si fanno. Di conseguenza l’amore ai fratelli e alle sorelle della stessa età diviene testimonianza e quello ai più giovani diventa, per loro, esperienza diretta dell’Amore di Dio.”

Chiara Lubich[8] , pioniera nel dialogo intergenerazionale, lo racconta così: “Fin dall'inizio abbiamo avvertito con loro (i giovani ndr.) un rapporto che non esiterei a definire ‘trinitario’. Costatavamo nella nostra generazione di adulti - la prima generazione del Movimento - tutto il peso, il valore dell'incarnazione e della concretezza del nostro Ideale. Nella generazione dei giovani invece - la seconda generazione - tutta l'idealità, l'autenticità, la forza rivoluzionaria, la certezza della vittoria. (…) E tra le due [generazioni] un rapporto di amore reciproco, quasi una corrente di Spirito Santo che dà al mondo una grande testimonianza. (…) Vedendo quindi nei giovani coloro che condividevano il nostro stesso ideale e che avrebbero continuato la nostra corsa verso l’ut omnes[9], li abbiamo sempre posti in grande rilievo, considerandoli alla stregua degli adulti.”[10]

Brevi testimonianze che dicono un’esperienza di rapporto vivo tra le generazioni, nella rispettiva scoperta della bellezza di ogni stadio di vita.

 

 

[2] Pierpaolo Tirani (professore di Pedagogia generale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Direttore della rivista “Scuola e Didattica”, è membro dell'Osservatorio nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza) , Avvenire, 26 marzo 2019, https://educazione.chiesacattolica.it/un-nuovo-patto-tra-le-generazioni/

[3] idem

[5] Papa Francesco, Catechesi, 11 marzo 2015

[6] Papa Francesco, Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit (CV), 25 marzo 2019, n. 192

[7] Perché tutti siano una sola cosa (Gv 17,21)

[8] Chiara Lubich (1920-2008), fondatrice del Movimento dei Focolari -

[9] Che tutti siano uno (Gv 17,21)

[10] Messaggio al Convegno Internazionale di Pastorale Giovanile, Castel Gandolfo, 2-9 aprile 1999